“Io se fossi Dio” è forse la canzone più critica e rabbiosa di Gaber, comparsa nel 1980 ma rimasta censurata per anni visti i contenuti scottanti. Uno sfogo contro tutti, una denuncia tagliante come solo chi è stanco di tacere può fare. In particolare i bersagli del Signor G sono i politici responsabili di troppe vergogne e troppi pochi onori per la nostra patria. Vuole tornare a ricordare Aldo Moro per quel che di miserevole aveva fatto in vita e che era stato cancellato dopo l’assassinio da un’onda di perdono, come spesso accade coi morti. E così Gaber esprime il suo parere sul politico in questo modo:
- Io se fossi Dio,
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio,
c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia Cristiana
è il responsabile maggiore di vent’anni di cancrena italiana.
L’accusa della cancrena a un intero Stato è una metafora che non lascia dubbi sulla colpevolezza dell’imputato e sulla gravità della colpa di cui si è macchiato.
Anche in questo caso la metafora utilizzata vale più di mille parole che Gaber avrebbe potuto scegliere per descrivere ciò che è stato fatto in ventanni di politica e la sua posizione a riguardo risulta estremamente chiara. Ancora una volta si comprende la forza di questa figura retorica capace di far provare sulla propria pelle il pensiero altrimenti astratto di un’altra persona.